Viterbo – La fontana di piazza delle Erbe simbolo della decadenza della città
Viterbo – La fontana di piazza delle Erbe simbolo della decadenza della città
ARTICLE TOP AD

Viterbo – Cercansi disperatamente candidati sindaco di livello politico decente, ma anche idee…

Visto che in pratica nessuno in questa fase elettorale parla della città ma solo di candidati sindaco, vogliamo riportare al centro dell’attenzione il futuro della città. In passato abbiamo già cercato, quasi unici, di elaborare idee per la città. Abbiamo tentato di immaginare una città diversa. Abbiamo lavorato con le idee che è la nostra vera vocazione.

ARTICLE INLINE AD

Un breve inciso sulle candidature. A noi sembra che questa volta le due coalizioni di centrodestra o centrosinistra non possano evitare di mettere in campo i pezzi da novanta. Faccio due esempi di pezzi da novanta. Ovviamente sono pezzi da novanta nel panorama lillipuziano della politica nazionale e locale.


Viterbo – La fontana di piazza delle Erbe simbolo della decadenza della città
Viterbo – La fontana di piazza delle Erbe simbolo della decadenza della città

Ebbene in questo panorama ci sembra che le due coalizioni debbano mettere in campo il meglio che hanno in casa. E diciamo il meglio, senza star a vedere le nostre simpatie politiche. Facciamo due nomi. Il centrodestra, ammesso che sia un centrodestra e non semplicemente destra, non può non prendere in considerazione una candidatura tecnicamente di peso come quella di Mauro Rotelli. Rotelli ha delle caratteristiche politiche che ovviamente farebbero comodo alla città. Basti pensare alla vicinanza con quella, ci piaccia o non ci piaccia, e a chi scrive non piace neppure un po’, sarà una delle protagoniste della politica dei prossimi anni: Giorgia Meloni. Rotelli è uno dei personaggi più significativi nell’organigramma di FdI. Ha un filo diretto, se non direttissimo, con la leader. E allora avere un candidato sindaco di questo tipo e livello, per il centrodestra è dirimente. E un sindaco con queste caratteristiche potrebbe essere utile. Ovviamente bisogna capire quali sono le priorità di Rotelli. Per essere chiari: crediamo che, del tutto legittimamente, Rotelli potrebbe avere interessi politici personali per traiettorie del tutto diverse. Ripetiamo, nessun moralismo da quattro soldi, questo è del tutto legittimo. Ma il centrodestra non può fare a meno di una candidatura di questo tipo. 

Stesso ragionamento si deve fare il centrosinistra. E anche in questo caso di nomi, ripeto tecnicamente e politicamente rilevanti, sono pochi. Ovviamente il primo nome non può non essere quello dell’assessora regionale Alessandra Troncarelli. Anche in questo caso un rapporto con Zingaretti e con i vertici regionali del Pd, non farebbe male a una candidatura. E non farebbe male a un futuro sindaco della città. Ovviamente anche qui bisogna capire quali siano gli interessi politici futuri personali, ribadiamo legittimi, di Troncarelli.

L’impressione però è che se le due coalizioni, che di recente non hanno certo dato buona prova di sé, le due amministrazioni Arena e Michelini stanno lì a testimoniare i danni fatti per la città, non riescono a presentare candidature pesanti, rischiano di essere vittime del “grillino” di turno che spunta fuori come fungo.  Il riferimento non è al M5s attuale, se c’è ancora, ma a quell’area di elettorato protestataria e velleitaria, per molti aspetti ostile alle prassi democratiche, che a livello nazionale ha fatto disastri, che tutti paghiamo e pagheremo nei prossimi anni. Il tutto per dire che le due coalizioni non possono più giocare. E non è detto affatto che gli outsider siano meglio di chi ha almeno un minimo di esperienza politica e amministrativa. La politica non sarà un mestiere, ma è sicuramente un’arte e una competenza che non si può improvvisare. Tutto per dire che al peggio non c’è mai fine. Quello che è successo a livello nazionale ne è la prova.

Il centrodestra questa volta si gioca la faccia definitivamente. Il centrosinistra rischia di vedere un ballottaggio dalla poltrona di casa con due formazioni di centrodestra o destra in campo. Una ufficiale, l’altra sedicente al di là di destra e sinistra. Ma abbiamo visto a livello nazionale che cosa questo ha significato, sbandamento totale della politica e dello stato. Tanto che il presidente della repubblica, e fortunatamente che si tratta di un galantuomo come Mattarella, ci ha dovuto mettere una pezza. 


La domanda è a questo punto: cosa intendono fare Rotelli e Troncarelli?

Per quanto ci riguarda siamo andati a recuperare una nostra proposta programmatica che torniamo a sottoporre non solo alla politica, ma a chi in questa città lavora e produce. Arginando la latitanza della politica e i danni che fa. Arginando anche un livello di criminalità classica e mediatica certamente non normale in una democrazia. In uno stato di diritto.

Ovviamente chiunque si propone di andare ad amministrare Viterbo deve in primo luogo avere chiaro che la manutenzione della città è fondamentale. Come il rilancio economico. Ma questi livelli non sono affrontabili se non si ha un progetto di città a lungo temine. I due piani si tengono. E allora si dovrà mettere mano alla pulizia delle strade e al loro asfalto. Si dovrà programmare il taglio dell’erba (non è difficile, profetiamo che a primavera l’erba riinizierà a crescere…). Si dovranno curare fontane e monumenti. Si dovrà ripensare tutta la viabilità. Si dovrà rendere sicuri tutti i quartieri, iniziando da San Faustino per fare un esempio. Questo è il programma minimo obbligatorio. Il minimo sindacale. Ma allo stesso tempo, e proprio per fare queste cose essenziali, bisogna progettare il futuro della città. La sua prospettiva economica che non può non basarsi  che su cultura e turismo. Bisogna inventare la Viterbo di domani. Ripetiamo: si può mettere mano allo stato di abbandono della città, si può metter riparo al degrado fisico e sociale della città, solo se si mettono in campo anche delle idee, delle progettualità. E per questo riproponiamo una proposta di non pochi anni fa, che non è diventata ancora, purtroppo, vecchia. Il che la dice lunga sulla nostra classe dirigente. 

Qualche idea che, nel vuoto assoluto di idee attuale, vuole essere una proposta aperta e vuole aprire un confronto serio sul futuro della città.


Piattaforma Altolazio 2.0 

Una piattaforma aperta, che si rivolge soprattutto ai produttori, lo ripetiamo. Una piattaforma aperta di cui svilupperemo le prime linee guida.

Premessa storica: negli anni Settanta i nostri avi, perlopiù contadini, si erano inventati una cosa che si chiamava Vertenza Altolazio o Piattaforma Altolazio. L’idea era quella di chiarire quali fossero le priorità per sviluppare la Tuscia. Vado a braccio. Probabilmente ci furono riunioni tra amministrazioni, partiti e sindacati e si individuarono le priorità. Sempre a braccio, ci sarà stato dentro il raddoppio della Cassia, l’interporto di Orte, i collegamenti ferroviari, la centrale di Montalto, il rilancio del settore agricolo, lo sviluppo del distretto ceramico di Civita e poi si sarà aggiunta l’università.

Forse i punti non saranno stati proprio questi, ma la sostanza non cambia. La piattaforma era utile per tutti. Era il quadro dentro al quale tutti si muovevano nel progettare e rivendicare. Qualcosa è stato fatto, qualcosa era sbagliato. Ma insomma, sul piano metodologico la cosa ha un senso. Ricordo ancora le manifestazioni sindacali con lo striscione con su scritto proprio “Vertenza Altolazio”.

Ora pensiamo che sia tempo di varare una nuova piattaforma. Una piattaforma che abbia il coraggio di puntare sull’iniziativa privata, che si basi sui cervelli e sulle mani che lavorano sul territorio e che hanno dato vita a qualcosa di concreto. Che coinvolga, se ne hanno voglia, pezzi di università. Quelli funzionanti ovviamente e che potrebbero avere ricadute concrete.

Diamo per scontato che alcune infrastrutture dovranno essere pur fatte: trasversale, Cassia, ferrovie. Ma le nuova piattaforma non punterà sugli atomi ma sui bit. Nicholas Negroponte, quando lo incontrammo a Milano, ci disse più o meno: “Il mondo dei bit è fatto apposta per voi italiani”. E allora, tanto più è necessaria anche per noi una piattaforma 2.0. Una piattaforma che dovrà individuare le nuove infrastrutture culturali necessarie per la città e per la Tuscia tutta.

E invece di strade, la prima rivendicazione è quella di creare autostrade informatiche che ci permettano di usare la rete al massimo delle velocità. E poi la diffusione in ogni comune di connessioni wireless gratuite. La creazione di un modello modulare di smart city che si basi sulla green economy. A volte aver saltato la fase dell’industrializzazione può essere utile. Qui, però, ci vuole la competenza di chi già ha studiato la questione. A Viterbo non mancano le persone e le strutture giuste. Il problema è che, vista la totale assenza delle amministrazioni, la questione dovrà essere affrontata dai privati. Come dire dobbiamo fare da soli, sperando che le amministrazioni non giochino contro.

E poi va usata la rete nella maniera più efficace possibile. E qui ovviamente non si tratta di creare un portalino statico di presentazione di Viterbo e della Tuscia, che a dire il vero non esiste, almeno di livello. Quella che va creata è una infrastruttura web che abbia tutta la potenza dell’interazione, dei social network, della multimedialità, della comunicazione uno a uno istantanea, dell’aggiornamento in tempo reale… Tutte cose che fino a qualche anno fa erano scatole vuote, ma che ora sappiamo perfettamente maneggiare. Sono tecnologie ormai mature. Quello che va creato è un sistema web di comunicazione, che abbia come scopo quello di comunicare fuori dalle mura con la capitale, con Milano, Londra o New York…

Una infrastruttura che prevede una redazione vera che operi 24 ore su 24 con professionisti che sanno cosa stanno facendo.

Fin qui le infrastrutture principali. Che dovrebbero essere la testa del tutto.

Passiamo a costruire qualcosa in quello che Popper chiama Mondo tre. Passiamo ai contenuti infrastrutturali, come ci piace chiamarli. Immaginate che la Tuscia e Viterbo siano una zuppa inglese. Un torta fatta a strati. Ecco, come gran parte dei territori italiani densi di storia, anche la Tuscia e Viterbo è frutto di una stratificazione storica di estremo interesse.

Ogni strato è allo stesso tempo un circuito culturale – turistico – scientifico, come dire un mondo, e anche un vero e proprio brand da diffondere.

Iniziamo dalla torta più piccola: Viterbo.

Lo strato più antico è anche il più potente mediaticamente, non stiamo qui a spiegare il perché. È lo strato degli Etruschi e dei popoli preestruschi. Se avessimo avuto una classe dirigente seria, solo su questo strato si poteva costruire una intera economia, non è andata così. Viterbo vanta tre necropoli etrusche rupestri di una bellezza imbarazzante, il museo nazionale… e molto altro.  Un esempio? Le meravigliose tagliate etrusche che segnano tutto il nostro territorio. Una nostra tagliata varrebbe un viaggio da Londra..

Subito dopo viene un altro pezzo forte e più classico: la città medioevale delle fontane, delle torri e dei profferli. Con tre o quattro monumenti centrali. A partire dalle mura castellane. E poi Santa Maria Nuova, piazza San Lorenzo, piazza San Pellegrino. Ma anche il brulichio di vie medioevali dei quartieri San Pellegrino e Pianoscarano… o il delizioso borgo di  Bagnaia. Tutta roba che sul mercato turistico – culturale vale oro.

Andiamo oltre: la città dei papi. Vecchio brand che fino a poco tempo fa poteva sembrare usurato, ma che ora con papa Francesco, che sul piano mediatico turistico tira come un uragano, deve riessere usato a piene mani. Non spieghiamo come, ma un centinaio di idee le abbiamo.

Ora andiamo un po’ più in fretta.

Quarto strato: la città rinascimentale e barocca. Basti pensare a Villa Lante.

Quinto: la città delle macchine portate a spalla. A Viterbo oltre alla macchina di Santa Rosa, c’è quella di Santa Maria Liberatrice, seicentesca e bellissima, e ci sono svariati trasporti dalla Madonna del Carmelo al Santissimo Salvatore. E poi ci sono state macchine da recuperare sparite nei meandri della storia. O le minimacchine…

Sesto strato: la città dei sapori. Basta ricordare: l’acquacotta, la susanella, i maccheroni con le noci, la pizza di pasqua e sua eccellenza la porchetta, portata col vino Est, Est, Est, alle olimpiadi di Monaco. Insomma sapori che fanno la storia e che non possono essere dimenticati.

Settimo: Viterbo città dei teatri e dei festival. Poche parole: Unione, San Leonardo, Ferento…  Tra passato e futuro: Tuscia operafestival, Caffeina, Tuscia Film fest…

Infine lo strato a cui teniamo di più: Viterbo città del cinema e del… mare. Anche un idiota avrebbe sfruttato il fatto che questa è la città di Fellini, Blasetti, Rosi, Zampa, Monicelli, Orson Welles… Questi grandi della fantasia ci hanno regalato immagini incredibili della città. Nei Vitelloni, il vecchio regista e teatrante, che si vuole fare l’aspirante drammaturgo di provincia, a piazza delle erbe chiede: “Dove è il mare? Andiamo al mare”, o qualcosa del genere. Dieci passi lungo il corso e, magia del cinema, si arriva in una spiaggia. Come non usare Fellini e questa incredibile immagine per “vendere” Viterbo nel Mondo? E allo stesso modo: come non usare l’immagine del palazzo papale, che ha sullo sfondo, dietro le bifore, il mare? Immagine dell’Otello di Orson Welles. Viterbo è stata ed è città del cinema e non esiste neppure un ufficio ad hoc per un regista che volesse venire a girare in città. Non esiste un itinerario turistico multimediale… Quando si dice la cialtroneria… Ma lasciamo stare…

Ora immaginate questi strati uno sopra l’altro con circuiti turistici – culturali orizzontali, ma anche con dei fili rossi che uniscono in vario modo i diversi punti dei vari strati. Chessò con un filo rosso che unisce sui vari strati la città dei misteri…la città dell’immaginario… la città dell’erotismo e del piacere

Fin qui la città. Ma la stessa operazione va fatta per tutta la Tuscia cercando vecchi e nuovi brand e circuiti turistico culturali.

Ora la torta è più ampia ma anche più interessante. E qui andiamo proprio di corsa. Il centro della torta è ovviamente Civita di Bagnoregio. Che è diventato non solo un luogo del turismo mondiale,  ma un luogo dell’immaginario mondiale. 

Il primo strato di pan di Spagna questa volta però è ancora più antico. E dato dalle bellezze naturali. Tuscia terra di laghi, mare, pianure e montagne. Un circuito naturalistico di tutto rispetto che va dal lago di Vico alla Faggeta. Ci manca solo l’alta montagna.

Secondo: la terra degli Etruschi. E qui c’è poco da spiegare si va da Tarquinia a Viterbo. Da Vulci a Sutri. Il brand Etruschi ha una potenza di fascino e mistero secondo solo agli Egizi. Che dire: questo è oro puro. E coinvolti sono molti dei paesi della Tuscia. Per vedere tutto ci vogliono giorni. Altro che turisti mordi e fuggi.

Terzo: la Tuscia terra di itinerari religiosi. Dalla Francigena alla via dell’esilio di Santa Rosa.

Quarto: i castelli della Tuscia. La provincia è molto più bella della Loira da questo punto di vista. E questo brand non è stato mai usato sul serio.

Quinto: la Tuscia medievale, rinascimentale e barocca. Qui gli strati sono tre. Pochi nomi Viterbo, Tarquinia, Caprarola, Bomarzo, Villa Lante, Forte Sangallo a Civita…

Sesto: Tuscia terra dei sapori contadini: la porchetta, le anguille marinate, l’acquacotta, il coregone, i maccheroni con le noci, i salumi e dolci tipici. Gli oli, i vini.

Settimo: Tuscia set cinematografico. I film girati in provincia sono alcune centinaia. Tra i grandi registi Fellini e Pasolini. Nel Mondo, dalla Cina agli Usa, tutti conoscono Fellini, noi siamo stati il suo set, come si fa a tenerlo nascosto?

Ovviamente gli strati, i circuiti, i pacchetti turistico–culturali possono essere molti di più e si intersecano in vario modo. Il problema è trovare chi tenga le redini del tutto e chi si metta a lavorare sui vari circuiti. Ultimamente a Viterbo c’è chi ha iniziato a lavorare su alcuni aspetti e, da quello che si è capito, fortunatamente, ha iniziato a fare impresa col turismo. Ora si tratta di analizzare le iniziative che funzionano, capire se sono riproducibili, farle interagire tra di loro. Facendo capire che una iniziativa non lede l’altra, anzi la rafforza. Come dire: diamo vita a un distretto non industriale, ma di iniziative turistico – culturali. Le infrastrutture si dovranno adeguare. Tutto il sistema di ricezione e accoglienza dovrà gradualmente crescere. Gli atomi si dovranno adeguare ai bit. I “cantieri culturali” in Mondo tre faranno sorgere cantieri in Mondo uno. Con buona pace del buon vecchio Marx.

Carlo Galeotti

ARTICLE BOTTOM AD