Viterbo – Sarà vezzo di filosofi “cercare” quello di cui gli altri fanno mostra di disporre e in abbondanza. Il filosofo cinico Diogene andava alla ricerca “dell’uomo” per strade affollate di gente e con una lanterna in pieno giorno. Il neodarwiniano direttore Galeotti mette questo annuncio su Tusciaweb “Cercansi disperatamente candidati sindaco di livello politico decente, ma anche idee…“.
Cinico anche lui se, dove si gira, di candidati ne trova a tutti gli angoli con idee e programmi debordanti pure sul suo giornale. Ambedue i cercatori comunque vogliono far pensare ma, si sa, questo – come canta Guccini – “per chi non è abituato” è vivamente sconsigliato.
Le elezioni, però, il ragionamento lo meritano, perché, comunque vadano, hanno sempre un valore morale oltre che politico. Sono un punto e a capo, si sceglie tra condizioni e speranze, quelle di cui portatori sono i candidati che ne dovrebbero rappresentare” l’utopia”, come diceva Luigi Petroselli, un viterbese diventato nella storia repubblicana il sindaco per antonomasia di una città di milioni di persone, tante quanto le disuguaglianze e i contrasti.
Nella capitale, gli intitolarono una via tra le più simboliche, quella del palazzo dell’ Anagrafe, perché seppe e volle – lo spiegò l’8 ottobre 1979 , come ricorda la biografia scritta dall’onorevole Giovagnoli – definire una struttura di città capace di sostenere il ruolo attivo che le compete, con l’autorità politica e morale necessaria a suscitare le energie indispensabili a un progetto di sviluppo fondato anzitutto ” sulla crescita civile e culturale di massa, sull’instaurazione di nuovi rapporti tra gli uomini”.
È sufficiente un pedigree di militanza nei partiti oligarchici, anzi padronali, di oggi per essere adatti a candidarsi a sindaco?
Cercare, quindi, prima di tutto, la persona, valutare chi è, che ha fatto, che vuol fare e – considerate le attuali responsabilità di sindaco davvero imponenti e… pericolose – se ha quella dote dell’ umiltà di cui antichi e apprezzati consiglieri comunali viterbesi, come il democristiano Domenico Mangano e il comunista Achille Poleggi, parlavano, praticandola, nella sala d’Ercole di palazzo dei Priori e Sandro Vismara la traduceva nel “non ritenersi in possesso di verità assolute e ricette prodigiose, ma proporsi e proporre programmi realizzabili”.
Certo, la notorietà, il potere amministrativo e politico derivante dagli incarichi pro tempore ricoperti, possono far premio – in chi non vuol ragionare – sulla competenza, la carica morale, la misura e la qualità dell’ambizione, le esperienze di lavoro effettive e non pro forma, le prospettive di vita, compresa quella di lasciare la prima fila pubblica per tornarsene nel privato senza rimpianti.
Su questo si deve ragionare, conoscendo e quindi aspettandosi dai candidati informazioni e comportamenti a tutto schermo, altro che modelli irpef e curriculum striminziti. Nella politica, che davanti è spettacolo e circo ma nella sostanza, testimonia il vecchio socialista Rino Formica, è ” sangue e merda”, se uno arriva alla caratura di “pezzo da 90” ha saputo certamente nuotare senza dissanguarsi.
Il che può anche essere una qualità, ma la scelta del sindaco , con tutti i poteri spesso in solitudine che le leggi gli conferiscono, passa anzitutto per la valutazione della persona, la quale, specie in una città dove tutti ci si conosce, e’ possibile. Sia da parte di chi andrà a votare, sia da chi non ci riuscirà: astenuto ma destinatario dell’azione amministrativa del sindaco.
Poi si vedranno i programmi, magari aggiornando quelli di quando “negli anni 70, i nostri avi ( lo scrive Galeotti, riponendo nel giurassico quantl come me vi parteciparono… grazie!)si inventarono la vertenza Alto Lazio” , piattaforma programmatica purtroppo ancora percorribile, contrariamente alla Trasversale che allora si progetto’.
Ci sarà modo di parlarne. Ma, intanto, chi dei candidabili sente in coscienza di poter essere per Viterbo garanzia di “rinnovamento di una identità e persino di comunità”(parole di Petroselli), padre/madre capace di rispondere con attenzioni diversificate ai cittadini, sapendoli e volendoli, ma costantemente, ascoltare per poi ad essi comunicare il proprio coraggio di immaginare e di coinvolgere in un progetto di convivenza davvero civile?
C’è chi puo’ in scienza e coscienza sottoscrivere senza provare un qualche dubbio e soprattutto senza considerarsi indispensabile?
Le risposte, chiedeva Vismara “in stile anglosassone”, si, no e, attenzione: i vostri compagni di lista saranno sempre in agguato. Senatores boni viri, senatus mala bestia”, i consiglieri sono bravi, ma, riuniti danno a volte un deprimente spettacolo”. E si è visto.
Renzo Trappolini